L'agrivoltaico non ruba terreno
all'agricoltura, non è un pericolo per il paesaggio e la
biodiversità, non impedisce l'uso dei terreni per coltivazioni e
pascoli, non prevede l'esproprio dei fondi, non impoverisce il
territorio. Così Italia Solare, l'associazione delle imprese del
fotovoltaico, smentisce sul suo sito quelli che definisce "5
falsi miti su fotovoltaico e agricoltura".
I pannelli solari non rubano terreno all'agricoltura perché,
secondo le previsioni al 2030 del Piano nazionale energia
(Pniec), andrebbero a coprire soltanto 60 mila ettari di
superficie agricola, lo 0,24% dei 16,6 milioni di ettari di
superficie agricola totale. Il Pniec prevede per il fotovoltaico
50 gigawatt al 2030, che richiedono 80mila ettari di superficie:
il 30% potrebbe andare sui tetti, quindi sul terreno ne
servirebbero solo 60.000 ettari.
La superficie agricola utilizzata oggi è 12,4 milioni di
ettari, quella non utilizzata 4,2 milioni di ettari. Ogni anno
vengono abbandonati oltre 120 mila ettari.
Il fotovoltaico non mette a rischio il paesaggio, perché
sulle aree di pregio paesaggistico o naturalistico non è
possibile installare pannelli a terra, perché già protette da
vincoli. La presenza di alcune specie vegetali coltivate sotto o
tra le file di pannelli fotovoltaici, come foraggio, aromatiche
e medicinali, è ottimale per la biodiversità, poiché
contribuisce a creare habitat favorevoli agli insetti
impollinatori.
Tra le file e sotto i moduli fotovoltaici è possibile
mantenere l'attività agricola e zootecnica, sostiene Italia
Solare. Grazie all'ombreggiamento il benessere degli animali
migliora e il consumo idrico si riduce fino al 20%.
Per legge l'esproprio non è consentito per gli impianti
fotovoltaici, ma eventualmente per le sole opere di rete, che in
ogni caso prevedono cavi interrati senza creare alcun problema
all'attività agricola. I proventi derivanti dalla presenza di
impianti fotovoltaici sul terreno possono essere utilizzati per
realizzare miglioramenti fondiari.
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